mercoledì 22 novembre 2017 - Sharif Lorenzini spiega agli studenti dell’Ateneo barese il successo dei modelli economici più etici

 

Spiegare ai giovani come funziona e quali sono le caratteristiche vincenti dell’economia e della finanza nel mondo dell’Islam. Perché i nuovi mercati sono attratti da questa economia improntata a prodotti equi e ad un impatto sociale positivo. 

Il prof. Sharif Lorenzini, attuale presidente della Comunità Islamica d’Italia (CIDI) nonché dell’ente di certificazione Halal International Authority (HIA), ha approfondito i temi legati a questa realtà economica, ancora poco conosciuta in Europa, agli studenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bari in una lezione organizzata dai proff.ri Gaetano Dammacco e Carmela Ventrella della Cattedra di diritto ecclesiastico e diritto canonico. 

Su quali principi è regolata l’economia e la finanza islamica?

“Quando si parla di economia nell’Islam - ha spiegato il prof. Sharif Lorenzini - non si può prescindere da quelle che sono le basi fondamentali ed i principi religiosi che le appartengono.  L’Islam è una norma della vita stessa, è una forza che si manifesta in ogni aspetto dell'esistenza umana. Ogni singola azione di un uomo di fede musulmana è infatti regolamentata dalle istruzioni di Allah che disciplinano ogni aspetto della vita umana. Per capire meglio l’Islam occorre analizzare le fonti che sono il Corano e la Sunnah, cioè la condotta (insieme dei detti e comportamenti) di Muhammad, ultimo Profeta e Messaggero di Allah, pace e benedizione su di lui. Uno dei primi principi a cui si fa riferimento è la distinzione tra il lecito (halal) e il vietato (haram). La connessione continua con la religione plasma un’economia fondata su valori etici. Tra questi vi è il divieto dell’uso improprio del denaro per sfruttare i più deboli e costringerli a contribuire passivamente all'accumulo dei capitali, pena la povertà e la perdita dei diritti civili. Sono sempre i testi sacri a guidare l’uomo, il suo comportamento in ogni contesto di vita, da quello familiare a quello sociale, da quello scientifico a quello legale, fino agli ambiti più ampi che riguardano la sfera politica e quella economica”. 

Il denaro nell’economia islamica che valore ha? Quali sono le principali operazioni finanziarie ed economiche? 

“La Shariah, cioè la legge canonica islamica, - ha puntualizzato il presidente della Comunità Islamica d’Italia - spiega chiaramente il valore dei soldi e del capitale, la relazione tra rischio, profitto e le responsabilità sociali delle istituzioni finanziarie e degli individui.  Non tutti sanno che il denaro nell’Islam non è concepito come merce di scambio ma bensì come un titolo di credito. Il denaro non può restare fermo per accumularsi a vantaggio del singolo che lo possiede. Per crescere deve necessariamente essere investito in attività e business concreti che possono generare ricchezze per la collettività. Pertanto l’accumulo improduttivo di ricchezza e il desiderio di possederla viene considerato come uso improprio del denaro. Una volta stabilito l’uso consentito del denaro ne consegue che le principali operazioni finanziarie seguano anch’esse le regole dettate dal Corano che si fondano sul divieto di: applicare interessi o usura (ribà), speculare o azzardare (maysìr) facendo uso di elementi che rendono incerta la natura dei contratti (ghàrar); fare uso, commerciare  o investire in beni o attività proibite (haram) come quelle legate al tabacco, alla pornografia, alle armi, all’alcol, alla carne di maiale e al gioco d’azzardo”.

Come funziona il sistema bancario islamico?

“La natura del sistema bancario secondo l’Islam - precisa il prof. Lorenzini - è completamente diversa da quella concepita nel mondo occidentale. Non applicare interessi al denaro erogato in prestito farebbe fallire la maggior parte delle banche convenzionali che vivono grazie alla cessione dietro corrispettivo del denaro. Sempre secondo la Shariah, la vendita del denaro è vietata perché genera ingiustizia sociale. Chi eroga prestiti con interessi tende a guadagnare un profitto a discapito del più debole che lo contrae. Il denaro non è sinonimo di ricchezza ma è lo strumento che può avviare sistemi di produzione e commercio capaci di generare un impatto sociale in settori come cultura, salute, istruzione e infrastrutture. Questo principio spiega il perché non possono essere applicati tassi di interesse e perché quindi l’usura è vietata. Il denaro ha il solo scopo di essere convertito in beni e servizi. Pertanto le banche non possono vendere soldi ma possono contribuire al rischio di impresa sotto molteplici forme offrendo fonti alternative di finanziamento per le piccole e medie imprese. Facciamo un esempio. Un musulmano che ha bisogno di comprare casa e si rivolge alla banca non potrà chiedere a questa un mutuo. La banca islamica entra in gioco acquistando direttamente la casa che rivenderà a rate al cliente che, a sua volta, si impegnerà a versare la cifra corrispondente, senza tassi di interesse, in più rate mensili, pagando solo una commissione sul servizio ottenuto. Quando avrà pagato tutte le rate, il cliente diventerà il proprietario della casa. Non è un caso -  ha sottolineato il presidente – che questa impostazione etica della gestione del sistema bancario vanti, ad oggi, performance superiori a quelle del sistema convenzionale tanto da affermarsi leader nel mercato del Medio Oriente, dell’Asia e in tutti gli altri mercati dove la finanza islamica è applicata”. 

Se nel sistema bancario islamico vige un rapporto di solidarietà tra la banca e colui che vuole investire, quali sono le forme di intervento di una banca? 

“Le banche possono ridursi anche ad uno strumento conoscitivo, ovvero possono intervenire mettendo a disposizione la professionalità e la competenza dei propri esperti che analizzano come impiegare il denaro da investire. Il denaro può essere raccolto dai finanziatori con la differenza che l’impiego deve avvenire secondo i principi della finanza islamica. Ad esempio, se dispongo di 10 mila euro e mi rivolgo ad una banca quest’ultima potrà decidere di investire questa somma in settori consentiti, ovvero halal e potrò guadagnare in questi progetti in maniera proporzionale alla percentuale della somma investita senza che venga applicato alcun tasso fisso incondizionato di guadagno in quanto non consentito dalle regole dell’Islam”. 

Tra i principi che regolano la vita economica nell’Islam vi è il “libero guadagno”, in cosa consiste?

“Un altro concetto fondamentale dell’economia ovvero della finanza islamica è il guadagno che l’Islam considera “libero” purché derivi da fonti lecite. Ogni musulmano ha il dovere di rendersi economicamente autosufficiente dal momento che dipendere da altri per la propria sopravvivenza è considerata un’umiliazione sociale. Tutti coloro che possono lavorare possono, dunque, guadagnare, produrre e lavorare onestamente per coprire le proprie esigenze e poter aiutare il prossimo. Più l’uomo guadagna onestamente, più si avvicina a Dio perché può aiutare il prossimo con la carità (zakat e sadakat). 

Questo principio apre le porte ad azioni virtuose come la carità e la solidarietà sociale che non possono mancare nella vita di un musulmano. Tutto ciò che l'individuo guadagna con onestà e mezzi leciti è considerato di suo possesso personale e non può essere vantato né dallo Stato né da chiunque altro. In capo al lavoratore sorge solo l’obbligo di pagare le tasse allo Stato”.

L’investimento nell’Islam non è solo economico ma può essere anche spirituale, cos’è la zakat? 

“Ogni musulmano che ha una capacità economica ha l’obbligo di fare la carità (zakah o sadakat).  La zakah è obbligatoria ed è versata dal musulmano in misura calcolata precisamente, mentre la sadakat è facoltativa e non ha né vincoli né limiti. I poveri e bisognosi non sono tenuti, invece, ad adempiere alla carità dal momento che non posseggono ricchezze sufficienti per sopravvivere, anzi sono destinatari della zakat.  La zakah è un dovere prescritto da Dio. Basata sul concetto della solidarietà sociale, la zakah è uno dei pilastri fondamentali dell’Islam nonché dell’economia e della finanza islamica. Non si tratta di una tassa statale ma di un contributo denso di significato spirituale e solidale che viene assolto in favore dei soggetti più deboli della comunità. Ci sono vari tipi della zakah. Quello più diffuso è zakat al-mal, ovvero il dovuto pagamento annuale pari al 2,5% sul totale della ricchezza che si accantona per un intero anno. Zakat al-mal deve essere distribuita verso i bisognosi e in programmi di assistenza e di sviluppo sociale ed economico verso l’infanzia, i giovani. Esempio d’impiego zakat al-mal sono: costruzione di scuole, ospedali, sovvenzionamenti a fondo perduto per sposare i giovani e per combattere la disoccupazione e prestiti senza interesse (qard hasan). In caso di avanzo di distribuzione, zakat al-mal può essere investita in progetti produttivi e commerciali.  Qualora un musulmano si sottraesse al dovere della zakat cadrebbe nel peccato di trattenere qualcosa che non gli appartiene rendendo impuro tutto quanto il patrimonio posseduto”.  

L’obbligo della zakat decade se un uomo di fede musulmana vive in una società non islamica?  

“L’obbligo coranico della zakat non decade se l’uomo di fede musulmana vive in una società non islamica. Per un musulmano adempiere alla carità è gratificante perché è un momento che consente all’uomo di avvicinarsi di più a Dio e alla sua adorazione. La carità può essere fatta personalmente donandola alle famiglie bisognose del proprio ambito sociale oppure rivolgendosi ad enti o organizzazioni accreditati dallo stato che provvedono alla raccolta e distribuzione del denaro”.    

Nell’economia islamica perché si devono consumare cibo e servizi halal?

“Anche il consumo di generi alimentari e di servizi è disciplinato dai principi religiosi. Il consumo di cibo, prodotti farmaceutici, cosmetici, abbigliamento ma anche di servizi finanziari, turistici e logistici impongono il rispetto degli standard halal, ovvero devono essere conformi ai dettami della religione islamica. Si tratta di un’esigenza economica e commerciale che non può più essere trascurata a livello internazionale dal momento che la popolazione di fede musulmana è tra le più diffuse al mondo. Come si fa però a riconoscere un prodotto halal da uno haram (vietato)? Solo con la certificazione dei prodotti si ha la certezza che quel bene o servizio è lecito ovvero può essere consumato tranquillamente dal musulmano perché conforme alle prescrizioni del Corano e della Sunna. La certificazione, inoltre, garantisce che il prodotto è stato lavorato correttamente e che non risulta contaminato dall’uso di sostanze ritenute vietate. Il mercato dei prodotti halal ormai non rappresenta più un fenomeno circoscritto solo ai paesi di area musulmana poiché, negli ultimi tempi, ha conquistato ampi spazi nel mercato globale. Aumentano sempre di più, infatti, i consumatori nel mondo che scelgono l’etichetta halal per la qualità e per il valore etico che il prodotto racchiude, abbattendo così differenze culturali nella società contemporanea”.

Lo sviluppo ecosostenibile come si collega all’economia islamica?

“L’ecosostenibilità è uno degli aspetti fondamentali considerati dall’Islam. In qualità di presidente di un ente di certificazione halal (lecito), posso confermare che oltre a verificare la sicurezza alimentare del cibo affinché non contenga sostanze non ammesse in quanto nocive all’uomo, dobbiamo valutare anche l’impatto ambientale. Se per produrre un determinato cibo si danneggia l’ambiente, quel cibo non può essere considerato halal. Allo stesso modo se quel cibo fosse prodotto con soldi illeciti non potrebbe essere halal. Altro fattore importante è il rispetto dei limiti consentiti. Nell’industria alimentare sono spesso impiegate diverse sostanza chimiche come acidi, additivi, coloranti e coadiuvanti. Queste sostanze sono tutte consentite purché impiegate nei limiti altrimenti i cibi che le contengono non possono essere apprezzati come halal. L’importanza del rispetto dei limiti nell’introduzione delle sostanze chimiche nei cibi oltre ad essere contemplato dalla regola dell’Islam, è confermato anche dalle norme cogenti e dagli studi scientifici. Sempre nell’ambito dell’ecosostenibilità e dell’impatto ambientale non possiamo trascurare l’importanza delle immissioni atmosferiche. Il principio generale a cui il musulmano deve fare riferimento in ogni ambito della sua vita quotidiana è sempre quello divino. Allah ci indica la giusta via da seguire nelle nostre azioni e ci ricorda che benché la natura dell’uomo non è vocata alla perfezione ci esorta comunque ad agire e a produrre nel miglior modo possibile, ovvero a migliorarci sempre di più per cambiare in meglio la nostra vita, la nostra società e l’intero ecosistema circostante”. 

Cosa si intende per “criterio di liceità”? Come si giustifica l’acquisto delle armi in una parte del mondo islamico e il contrabbando di petrolio?

“Innanzitutto bisogna fare una distinzione tra Islam e musulmani. L’Islam è la regola che Dio (Allah) ha prescritto. L’uomo è chiamato ad applicare le regole ma, dal momento che è dotato di libero arbitrio, può decidere di obbedire o meno ai precetti.  I musulmani sono umani e quindi non sono perfetti, anzi! Oggi la stragrande maggioranza dei musulmani vive un’epoca di crisi morale, sociale perché si sono allontanati enormemente dalle regole poste da Allah. Gli uomini sono sempre più lontani dalla via del divino. Addirittura sono diventati abili a strumentalizzare le regole della religione per cucirle a loro immagine e somiglianza. In questo modo fanno un cattivo uso del libero arbitrio. Nell’attuale contesto storico, ad esempio, bisogna fare attenzione a non credere che l’Isis sia uno stato islamico, quello lo considero uno stato del diavolo, è Satana in persona”.   

Premesso che, secondo i precetti dell’Islam, non si possono compiere attività illecite per guadagnare e che il consumatore non deve contribuire ad arricchire chi produce illecitamente, qualora fossero dubbie le caratteristiche di un prodotto, il consumatore come si deve comportare? Cosa succede se la buona fede del consumatore viene ingannata da un prodotto in realtà non conforme? Quali sono le tutele per il consumatore in buona fede?

“Normalmente il musulmano, quando si trova nelle vesti di consumatore, è chiamato a basarsi sugli elementi di cui è a conoscenza. Se il prodotto pare non presentare dubbi perché certificato con la garanzia Halal, il problema non si pone, qualora un prodotto sia privo della certificazione il consumatore deve fare appello ai criteri di base dell’Islam. Se non è possibile definire il prodotto come “consentito” allora ci si può avvalere del principio generale del “tutto è lecito fino a prova contraria”. In caso di acquisto di prodotti di cui sia più complesso riconoscere la conformità, tipo le carni, è consigliabile ricorrere sempre al parere di un esperto. È fatto salvo il caso in cui sia necessario consumare quel bene di origine dubbia purché sia di prima necessità per garantire la propria sopravvivenza. Qualora vi si rinunciasse si procurerebbe un danno a se stessi, pertanto consumarlo, in questo caso, diventa obbligatorio”. 

Come deve vivere il musulmano in una società non islamica?

“Se il musulmano si trova a vivere in una società non musulmana che non applica i precetti dell’Islam, deve innanzitutto adeguarsi alla società e alle regole della comunità in cui vive esercitando ed applicando la propria fede religiosa. Gli aspetti di vita privata come la sfera religiosa possono essere applicati ovunque, lo stesso rigore non è richiesto nell’ambito della sfera pubblica e sociale. Per intenderci, il comune cittadino non è chiamato a governare ma a rispettare le regole. Pertanto il musulmano deve rispettare le regole vivendo in una società non musulmana senza modificare nulla della propria religione”. 

La società islamica come si comporta verso chi è ateo o appartiene ad un’altra religione?

“Occorre fare questa premessa. Uno stato islamico è ritenuto tale se si applica la legge islamica nella sua interezza. Ad oggi gli stati che dichiarano di essere prettamente islamici sono, in tutto il mondo rarissimi, forse uno o due. Nella quasi totalità si tratta di stati laici che esistono sulla base di leggi elaborate dall’uomo. Si può ampiamente affermare che chi non è musulmano è tutelato come qualsiasi altro cittadino musulmano in seno a uno stato che applica la Shariah islamica. È opportuno sottolineare che in uno stato islamico non esiste la cittadinanza. Chiunque decida di vivere in una società governata da uno stato islamico è considerato un cittadino. La lunga storia dell’Islam lo conferma. In 14 secoli, le persone appartenenti ad altre fedi religiose hanno convissuto pacificamente godendo degli stessi diritti e doveri dei musulmani. Tanto più che nella loro vita privata non erano e non sono, ancora oggi, tenute al rispetto delle regole islamiche nella loro totalità. Chi non è musulmano non è tenuto, ad esempio, a rispettare il divieto di assumere sostanza alcoliche e inebrianti che sono invece vietate per i musulmani. Il loro consumo sia in ambito pubblico che privato oltre a configurare un reato è considerato un peccato religioso. Il musulmano colto in flagranza di reato viene punito, colui che non è musulmano no”.   

In attuazione dei principi dell’economia e della finanza nell’Islam e alla luce della situazione geopolitica attuale, quale sistema economico è più privilegiato tra quello capitalista, misto con un grado di interventismo o collettivista?

“L’Islam a riguardo non ha mai fatto una scelta definita tra queste tipologie di sistemi economici. Secondo la mia opinione personale quello che potrebbe essere tra questi più vicino è quello capitalista perché più aperto e dunque facilmente convertibile o adatto ad essere reso conforme. Tuttavia, il principio a cui fare rifermento è quello che qualsiasi sia il sistema politico applicato alla società per essere considerato conforme alle regole della finanza islamica è necessario che rispetti le regole dell’Islam. Uno stato più conservatore potrebbe incorrere nell’eccesso di imporre le proprie regole a danno di quelle dell’Islam”.

Che ruolo hanno le donne nell’economia islamica?

“La donna è determinante. Non ci sono vincoli. Può decidere quale attività svolgere. Dalle statistiche emerge che la donna ha un ruolo nei vari settori della vita sociali e che il suo livello di istruzione supera quello dell’uomo per ragioni varie. È un dato reale che le donne occupano da tempo ruoli di rilievo sia a livello decisionale che di sviluppo in molte società islamiche”.

Islam è una religione con una visione armonica perché ricopre diversi aspetti della vita sociale, ma nel dialogo interreligioso per porre fine ai conflitti religiosi, è possibile arrivare a un dialogo?

“La realtà è un’altra - ha concluso il prof- Lorenzini -. Non esiste una guerra tra religioni ma tra “religiosi”, cioè tra persone. Basta prendere qualsiasi testo sacro per verificare. Non esistono scritture religiose che incitano a combattere altre religioni.  Se ciò non fosse vero non esisterebbero nelle società islamiche esponenti di diverse religioni che vivono come normali cittadini e che ricoprono rilevanti incarichi pubblici. Purtroppo l’allontanamento dai precetti divini porta le persone a strumentalizzare la religione ad uso proprio. Gesù non ha mai detto di fare le guerre ai musulmani o ai miscredenti. Sono gli uomini a far confusione e dichiarano guerra a chi professa altre religioni”.